Sentiamo spesso parlare di Efesto come dio del fuoco e della forgiatura, ma questa è una riduzione. Di lui conosciamo solo frammenti, radicati in un periodo che non fu il suo momento di massima diffusione. Quindi lo scopo di questo articolo è quello di dare un quadro completo di Efesto, volto a mostrare la ricchezza e la profondità di questo dio e dell’archetipo che rappresenta. Probabilmente mi spingerò un po’ fuori dal pensiero accademico. Comunque tutto ciò che dirò è basato su una ricerca solida e, naturalmente, fornirò una bibliografia a sostegno di questo saggio. Ovviamente non spingerò mi spingerò fino a punti irragionevoli, sarò solo un po’ audace nelle mie connessioni.
Il XVIII Libro dell’Iliade
Ho deciso che non partirò dalle sue origini, ma dalla più notevole delle sue apparizioni, in modo da poter dare uno sguardo generale a chi si trova veramente dietro l’etichetta del Dio del fuoco dell’antica Grecia.
[…] Teti dai piedi d’argento venne alla casa di Efesto, imperitura, adorna di stelle, magnifica tra le case degli immortali, lavorata tutta in bronzo, che lo stesso dio del piede storto si era costruito. Lo trovò sudato per la fatica mentre si muoveva avanti e indietro, intorno ai suoi mantici, in fretta e furia; poiché stava costruendo tripodi, venti in tutto, per stare intorno al muro della sua ben costruita sala, e ruote d’oro aveva messo sotto la base di ciascuno affinché da soli potessero entrare nel raduno degli dei a suo desiderio e di nuovo tornare a casa sua, una meraviglia da vedere.
Eran si qui compiuti, ma ancora mancavano i manici abilmente foggiati su di essi; li stava preparando e stava forgiando i chiodi. E mentre vi lavorava con ingegnosa abilità, intanto si avvicinava a lui la dea, Teti dai piedi d’argento. E Charis dal velo scintillante si fece avanti e la vide: la bella Charis, che aveva sposato il famoso dio dalle due braccia forti.
[…] “In verità dunque una dea temuta e onorata è dentro le mie sale, lei che mi ha salvato quando il dolore scese su di me dopo che io caddi giù per volontà della mia spudorata madre, che fu lieta di nascondermi a causa della mia zoppia. E avrei molto soffero, se Eurinome e Teti non mi avessero accolto nel loro grembo – Eurinome, figlia di Oceano che scorre all’indietro. Con loro poi, per nove anni, forgiai molti ingegnosi manufatti, spille e bracciali a spirale, e rosette e collane, all’interno della loro grotta cava; e intorno a me scorreva, gorgogliando di schiuma, il torrente di Oceano, un fluire incessante.
E nessun altro lo sapeva, ne dei ne uomini, tranne Teti ed Eurinome, loro che mi salvarono. […]” Parlò, e dall’incudine si levò, una mole enorme e ansimante, zoppicando, ma sotto di lui le sue gambe snelle si muovevano agilmente. Ripose i mantici dal fuoco e raccolse tutti gli arnesi con i quali lavorava in una cassa d’argento; e con una spugna si asciugò il viso e le mani, e il collo possente e il petto ispido, e si mise addosso una tunica, afferrò un robusto bastone, e giunse zoppicando; ma si mossero rapidamente per sostenere il loro signore ancelle d’oro nella parvenza di fanciulle viventi. Nei loro cuori c’è la comprensione, in loro la parola e la forza, e conoscono le ingegnose opere manuali per dono degli dei immortali.
[…]Allora il famoso dio dalle due braccia forti le rispose: “Non ti crucciare, né che queste cose ti affliggano il cuore. Vorrei poter, con certezza, tenerlo lontano dalla morte dolorosa, quando il terribile destino verrà su di lui, e bella sarà la sua armatura, in modo tale che in futuro molti tra la moltitudine degli uomini si meraviglieranno, chiunque lo vedrà. “
Così dicendo la lasciò e andò ai suoi mantici, e li girò verso il fuoco e ordinò loro di lavorare. E i mantici, venti in tutto, soffiarono sui crogioli, emettendo un vento continuo, ora per aiutarlo mentre lavorava duramente, e ancora in qualunque modo Efesto desiderasse e nel procedere del suo lavoro. Sul fuoco pose l’ostinato bronzo e stagno e oro prezioso e argento; e poi mise sul ceppo una grande incudine, e prese in una mano un enorme martello, e nell’altra prese le tenaglie.
[…] E quando ebbe lavorato lo scudo, grande e robusto, gli fece poi un corpetto più luminoso della fiamma del fuoco, e gli fece un elmo pesante, adattato alle sue tempie, un elmo bello, riccamente decorato, e vi pose sopra una cresta d’oro; e gli fece schinieri di stagno flessibile. Ma quando il dio glorioso dalle braccia forti ebbe modellato tutta l’armatura, la prese e la depose davanti alla madre di Achille. E come un falco scese dall’Olimpo innevato, portando l’armatura scintillante di Efesto.
Da ciò possiamo trarre un quadro generale. Efesto è un dio fabbro che vive con sua moglie Charis in un possente palazzo nell’Olimpo. Un palazzo progettato da lui stesso, che eclissa gli altri e che è anche la sua fucina.
Lì lavora assistito dalle sue ancelle d’oro, realizzando meravigliosi capolavori per dei e mortali.
Ora, delineiamo altri punti:
- Le stelle adornano il suo palazzo.
- È una figura grottesca, dalla mole massiccia e le gambe snelle.
- Fuligginoso e sudato, tanto che deve pulirsi.
- I treppiedi che sta realizzando sono in grado di muoversi da soli secondo i suoi desideri.
- Le sue ancelle d’oro sono in grado di comprendere, muoversi, parlare, pensare e lavorare.
- Buttato giù dall’Olimpo. Quasi morto, pur essendo un immortale.
- Nascosto da Teti ed Eurinome per 9 anni, dove ha imparato il suo lavoro.
- Realizza un’armatura completa per Achille. Uno che non impedirà la morte ma gli assicurerà la fama attraverso i secoli.
- Una nota a parte, che ho saltato, riguarda lo Scudo, la cui descrizione, da sola, è di quasi 100 versi.
Il Palazzo Stellato, casa di Urano.
Nell’Iliade, Efesto vive in un palazzo che è: interamente di bronzo, più grande del palazzo degli altri, e stellato. Nella Teogonia di Esiodo, viene descritto il Cielo (Urano) come una cupola stellata, di bronzo. A me questa descrizione fa pensare a dei rivetti d’oro su una lastra di metallo. Da una prospettiva elementale, nessuna delle divinità primordiali ha immediatamente un chiaro legame con il fuoco. Alcuni studiosi affermano che le stelle del cielo notturno sono l’elemento infuocato mancante.
Quindi Efesto e Urano condividono l’essere fortemente legati al fuoco celeste. Urano “è” la cupola del cielo, la volta celeste, fondamento ed essenza del mondo superiore. Efesto è colui che costruisce i palazzi degli dei, anch’essi di bronzo. Uno “è” il luogo in cui vivono; l’altro “fa” quel posto. Mi chiedo se, con un linguaggio diverso, stiano trasmettendo lo stesso significato.
E ci sono molti più parallelismi tra queste due divinità. Entrambi hanno forti relazioni con le dee madri e qualche sorta di mancanza. L’uno la zoppia, l’altro la castrazione, elementi legati in maniera simbolica, poiché anticamente i piedi erano elementi fallici. Ma dovrò scrivere degli dei legati all’archetipo di Efesto in un prossimo articolo. (Oppure questo saggio rischia di diventare un breve libro.)
Il mostro abnorme.
Spesso perdiamo dei dettagli nelle traduzioni. Le parole in un linguaggio diverso sono un’approssimazione del loro significato in un altro. Il passo “una mole enorme e ansimante”, deriva da una parola greca, “Pelor”, che significa “Enorme, Gigantesco, Mostruoso”. Nell’Odissea descrive il ciclope Polifemo. Pelorus è uno degli Spartoi, gli uomini autoctoni (autogenerati dalla terra), nati dai denti di drago seminati da Kadmos. Il termine gigante deriva in definitiva dal greco “Gigas”, che secondo Esiodo significa “nato dalla Terra”. L’etimo è pre-greco ma possiamo vedere chiaramente la radice Gi-, Ge- come riferimento a Gea. Quindi questo mondo ci porta ai tempi primordiali, prima del regno di Zeus.
Questa parola, prima di evocare un’alta statura, evocava qualcosa di precedente al regno di Zeus ordinatore del cosmo. In questa opposizione caos-ordine, vediamo quanto spesso queste creature, emerse prima delle generazioni olimpiche, abbiano strane sembianze: arti multipli, parti del corpo di animali, forme e corpi grotteschi. Questo perché appartengono a un’epoca in cui l’Ordine, sotto il vessillo di Zeus, non era stabilito e i Greci identificavano l’ordine con le proporzioni.
C’è un motivo se la parola “Pelor”, mostro, appartiene a Efesto. Innanzitutto, come i suoi predecessori, nasce, secondo una versione del mito, solo da Hera. Questo imita le prime generazioni, nate dalla sola Gea, come i Giganti. In secondo luogo, il suo corpo è, in diversi modi, grottesco: zoppo o con i piedi torti, nonostante abbia braccia e collo forti, che lo rendono sproporzionato; a volte è un nano, come i Cabiri suoi figli. Infine, molte delle relazioni che intesse sono verso le generazioni più antiche degli dei, o verso creature mostruose.
- Thetis: madre adottiva, dea del mare dalla doppia identità. Come Thetis, è figlia di Nereo, madre di Achille, ma sappiamo di un’altra dea, Tethys, figlia di Gea, moglie di Oceano e colei che ha educato Era. Nel mito della nascita prematrimoniale di Efesto, Era nasconde il figlio perché non ha ancora chiesto l’approvazione del matrimonio alla sua famiglia adottiva (Oceano e Tethys). Le loro similitudini vanno dal loro nome, con una radice simile “nutrice, nutrire” all’essere entrambe figure di crescita e cura. Secondo i frammenti della teogonia di Alcmane, Thetis è l’essere primordiale che emerge dalla creazione.
- Eurinome: madre adottiva, anch’essa dea del mare dalla doppia identità. Figlia di Oceano e madre, per Zeus, delle Grazie (due delle quali, Charis e Aglaia sono mogli di Efesto). C’è anche un Eurinome moglie del re titano Ofione, che governò i cieli prima di Crono e Rea. C’è una certa sovrapposizione tra lei e Teti, Ofione e Oceano (Ofione significa Serpente, e Oceano è quello che “circonda” la terra come il serpente Uroboro, ed è inoltre raffigurato con una coda di serpente) e Gea e Urano.
- Helios: titano del Sole, c’è una sorta di relazione tra lui ed Efesto, tanto che è lui ad avvertire il dio fabbro del tradimento di Afrodite. Helios lo aiuta, raccogliendolo, durante la Guerra con i Giganti quando Efesto giace esausto sul campo di battaglia. Non sappiamo molto delle ragioni di questa relazione. Possiamo ipotizzare che essa sia dovuta al fatto che Efesto ha costruito la barca-carro del Sole.
- Tifeo/Tifone: Il cosiddetto anti-Zeus ha molto in comune con Efesto. Nasce dalla sola Gea, o secondo alcune fonti nasce solo da Era, come Efesto. Entrambi condividono il fuoco come una delle loro armi preferite. Hanno entrambi gambe snelle, deformi, strane: una ha i piedi torti, o piedi rovesciati, e l’altro ha le gambe di serpente. Un dettaglio curioso è che ad un certo punto durante la sua battaglia con Zeus, Tifeo taglia e ruba i tendini delle sue caviglie, rendendolo così zoppo. Condividono anche il loro destino: in una versione, Tifeo è sepolto sotto il Monte Etna, ed Efesto sta di guardia alla sua cima. Stabilisce la sua fucina sulla vetta del monte, e le leggende dicono che i rombi e le eruzioni sono causati da Tifeo che urla a causa di Efesto che martella sulla sua enorme incudine.
- Ciclope: Nati da Gea e Urano, vengono liberati dal Tartaro da Zeus e costruiscono per lui il fulmine. Secondo alcune fonti successive, sarebbero assistenti di Efesto. Nei frammenti orfici si qualificano come maestri di Efesto e Atena.
- Afrodite: anche se il matrimonio con Afrodite compare solo nell’Odissea, è bene ricordare che in alcune fonti essa è nata quando il fallo di Urano scende in mare, facendola così di una generazione precedente agli Olimpici.
- Prometeo: c’è una strana vicinanza con il trickster Titano, e condividono molti tratti. Sono entrambi eroi culturali, portando la civiltà all’umanità (per Efesto, vedi il relativo Inno omerico). Inoltre, entrambi hanno un forte legame con l’elemento del fuoco ed erano cultuati ad Atene. Oltre a ciò, sono anche in qualche modo intercambiabili nel mito della nascita di Atena, nell’essere colui che colpisce Zeus con l’ascia. Il fuoco che ruba Prometeo proviene dalla fucina di Efesto, che, in Eschilo, è colui che incatena molto a malincuore il Titano al Caucaso. Condividono anche uno dei mezzi di creazione, poiché in alcune fonti, Prometeo crea gli uomini attraverso l’argilla, lo stesso mezzo usato da Efesto per creare Pandora. Condividono anche un mitologema fondativo, in cui Prometeo è padre del primo uomo Deucalione, fatto di terra e acqua, ed Efesto è padre di Erittonio, uno dei leggendari re di Atene, nato dalla terra (Gea).
Riassumendo, Efesto rappresenta una figura deviante (nel pensiero greco antico la devianza dall’ordine sociale era equiparata alla devianza dall’ordine naturale, quindi deformità e diversità). Un punto che denota la sua “alterità” è espresso dalla sua figura, simile a quella dei giganti nati sulla terra, mostri dell’età primordiale, e dai suoi legami con creature e dei di quell’epoca.
Sudore, fuliggine e dolore.
Questo è un altro curioso punto di ambivalenza. Anche se è un immortale, Efesto appare spesso come un lavoratore comune, fuligginoso e sudato. Questi elementi, credo, sono simboli del ruolo di Efesto nei culti. Un dio delle classi inferiori, strettamente imparentato con la classe operaia. Tanto che ad Atene il suo tempio è fuori dall’Acropoli, su un lato dell’Agorà. Questo è il centro dell’attività economica, vicino all’ingresso del distretto ceramico. C’era anche l’usanza di appendere l’immagine di lui e Atena all’interno dei forni. Questo per garantire una corretta cottura dei prodotti, ed evitare “spiritelli di bottega”. (spiriti maligni che potevano disturbare il processo produttivo. Specialmente in quelle fasi, come la cottura, in cui l’artigiano non aveva il controllo totale del processo).
È anche incline all’Empatia: alla sua madre adottiva Tetide, a Hera, la sua vera madre, a Prometeo, il suo “compare”. La sua umanità è visibile anche in altri miti, dove è al centro di drammi molto terreni. Mostra bagliori di gelosia, di desiderio sessuale, pur essendo al centro di battute e risate. È anche capace di grande freddezza, in linea con i suoi aspetti da “Briccone”, come nel caso del tradimento di Ares e di Afrodite. Non solo riesce a catturarli, ma anche a riavere la sua dote da Poseidone, che gli fa da garante. Questo ha anche il potenziale per essere il primo divorzio della mitologia greca.
Un altro aspetto, spesso non citato, è il suo “dolore mortale”. Il significato non è chiaro al 100%, poiché è un attributo condiviso anche da Tetide. Probabilmente ha a che fare con la sua zoppia e il dolore e la sofferenza che gli provoca. Comunque, è una curiosa scelta di parole, che lo avvicina ai mortali.
La caduta dal cielo di Efesto
Seguendo la breve menzione del testo, quando alla nascita, quando in maturità, Efesto viene scagliato giù dall’Olimpo, a seconda delle tradizioni. In un caso egli cade sull’Isola di Lemno, che sappiamo essere la dimora del Dio, e uno dei suoi centri di culto principali. Nell’altro caso, egli cade in mare ed è tratto in salvo da Tetide ed Eurinome.
Innanzitutto è interessante notare che Esiodo usava la metafora dell’incudine per parlare della distanza tra i diversi mondi, in secondo luogo, in alcune tradizioni minori, la figura di Urano che “scende” per accoppiarsi con Gea porta il nome di Akmon, che , non solo è il nome di uno dei Dattili Idei, ma significa “Incudine” e “Pestello”. Soprattutto in quest’ultimo, vediamo come l’immaginario ricordi qualcosa che colpisce dall’alto verso il basso. Questo mi fa pensare che il riferimento possa essere quello dei meteoriti intesi come parti di cielo (che era fatto di bronzo) che scendono sulla Terra per “accoppiarsi” con lei, in modo che l’uomo possa scavare i metalli e usarli. Anche il mortaio e il pestello sono oggetti sessualizzati.
Il mortaio è la coppa femminile, l’estremità ricevente, e il pestello è l’aspetto fallico maschile che “colpisce” e penetra quello femminile. Sospetto che, da un lato, la caduta di Efesto sia una continuazione di questo immaginario, ma dall’altro sia legata a una tradizione che a un certo punto ha incontrato l’idea della caduta di Lucifero. Nessuno nell’occultismo e nell’esoterismo contemporanei ha visto i molti collegamenti che identificano Efesto con una figura forse diabolica, o una delle figure che ha ispirato la peculiare figura del Diavolo. Qui illustrerò alcuni punti:
- Cade dal cielo per finire in una fossa o in un luogo remoto
- Vive sotto terra con i suoi assitenti, “Torturando” il metallo tra fumo e fiamme.
- Entrambi zoppicano. Il diavolo zoppicante era una figura del Medioevo, e la deambulazione della strega intorno al cerchio è simile all’andatura di Efesto, che, avendo i piedi storti, può andare avanti e indietro
- Efesto è un imbroglione e un dio che lega. Lo stesso per il Diavolo, che cerca di imbrogliare e di legare le persone a giuramenti.
- Si oppone a Zeus nella sua lite contro Era. Inoltre, sembra riluttante a incatenare Prometeo, che considera “suo compare”. Anche Prometeo ricalca la figura di oppositore e imbroglione.
- E’ imparentato con i culti dionisiaci e ha un rapporto profondo con il vino anche se le commedie che potrebbero mostrare questo legame si sono perse.
- Efesto potrebbe essere (devo ancora recuperare un libro raro che ne parla) il dio della risata e della commedia popolare. Questa parte comica è presente anche in queste fiabe dove è presente il diavolo, insieme a imbrogli e trucchi.
- Nel medioevo, ci sono miti di viaggi negli inferi dove il protagonista principale raggiunge l’inferno immaginato come una grande fornace, con fabbri diabolici, metallo e fiamme.
- In molti racconti popolari il diavolo è sfidato a costruire cose, come chiese e ponti.
- C’è un racconto molto antico chiamato Il fabbro e il diavolo. E in questo tipo di narrazioni, spesso l’antagonista è una sorta di gemello speculare del protagonista, come nelle leggende tedesche di eroi che uccidono draghi.
- Durante il Medioevo i fabbri mantengono un’aura di ambivalenza, essendo legati alla stregoneria e all’influenza del diavolo. Ci sono anche alcuni fabbri che sono stati bruciati sul rogo durante la Caccia alle streghe.
- Le corna del diavolo sono legate al Toro, che ha legami con Efesto. Nel mito di Tifone, quando gli dei fuggono da lui, Efesto fugge a Menfi e si trasforma in toro. Menfi è anche la patria di Ptah e del toro Api.
- La “tortura” del metallo è una metafora comunemente usata dagli Alchimisti per parlare del processo di raffinamento. Allo stesso modo l’Inferno, come luogo di tortura, è un luogo di raffinamento, come si vede nella Teologia della Cappadocia, nella Filocalia e negli scritti di Giovanni Cassiano e Evagrio. Curiosamente, nella Bibliotheca dello Pseudo-Apollodoro viene menzionato come Pelope si rechi a Okeanos e vi venga purificato da Efesto per un omicidio.
Su robot e androidi.
Nel testo, ha realizzato due tipi di automi: I tripodi (che nella Grecia arcaica erano considerati offerte sacre), capaci di compiere azioni complesse:
“che da soli potevano entrare nel raduno degli dei a suo piacimento e tornare di nuovo a casa sua” con comandi semplici, proprio come antichi robot.
Poi ci sono le sue servitrici d’oro. Questo passaggio ha alcuni dettagli che devono essere chiariti:
“Nei loro cuori c’è la comprensione, in loro la parola e la forza, e conoscono le ingegnose opere manuali per dono degli dei immortali.”
Ora, questo significa che sono capaci di decisione e volontà, spiegata dalla diade “cuore e parola”. Il primo, secondo l’antico pensiero, rappresenta le facoltà interiori, non solo della mente, ma anche dell’anima. Quindi sono come androidi: con le stesse doti umane, e forse anche con attributi divini. Possono anche essere considerate protesi viventi. Lo aiutano a muoversi agilmente, compensando così la sua zoppia.
Nei testi della città di Ugarit, anche il dio fabbro Kothar-wa-Hasis (che è probabilmente un proto-Efesto) ha dei servitori, e lì, non sono specificati come automi ma semplicemente come figure divine che sono legate a lui. Il suo nome è “K-t-r”, e il loro appellativo è “K-t-r-t” quindi si differenziano solo per l’aggiunta di una consonante finale, che apre molte possibilità. Ci sono molte ipotesi, dal loro essere come le Muse, che rappresentano le arti che fa, ad essere figure simili a ninfe legate al campo del fuoco, dell’arte e del metallo. Ora, a proposito di queste “Efesteidi”, c’è un ultimo punto da evidenziare.
Se Efesto può creare entità immortali che hanno un’anima e possono pensare, agire e sentire sulla base del libero arbitrio, perché nel mito di Pandora si limita a creare la forma della prima donna? La mia risposta è che il suo ruolo come divinità è diminuito nel tempo, diventando una figura marginale (nell’antica Asia Minore esiste un Monte Olimpo considerato dimora di Efesto). In base a ciò che abbiamo visto, avrebbe potuto creare Pandora da solo.
A proposito di Pandora, c’è spesso l’idea che il nome si riferisca a lei come colei che ha tutti i doni degli Dei (pan, “ogni”, doron, “dono”), doni che non sono abiti o tiare, ma che sono le facoltà interiori dell’anima immortale, della psiche, del cuore e della parola.
Ci sono studiosi però che si domandano se non possa essere qualcosa come “Colei che tutto dona” riferimento dunque non ad una donna maledetta, ma legata all’archetipo della Grande Madre, residuo di epoche dimenticate prima di Esiodo, la cui misoginia è perfettamente chiara nel suo “Opere e i giorni”. Non mi sorprenderebbe davvero se questo mito fosse una reinterpretazione orientata al maschile di un mito più antico. E non sarebbe nemmeno il primo (SPOILER: Come l’intera saga del Minotauro. Ma visto che il Labirinto è molto legato alla nostra area di interesse, ne parleremo in un altro articolo).
Non sono solo questi gli automi costruiti da Efesto; solo per elencarne alcuni: i cani da guardia del palazzo di Re Alcinoo, i Tori della Colchide e Talos il guardiano di bronzo di Creta, tra gli altri.
Nove anni sotto l’Oceano
Una premessa: stiamo parlando di dei, che non hanno uno sviluppo preciso. Quando raggiungono l’età adulta, non seguono i cicli umani. Dei come Zeus o Hermes, a volte crescono in pochi giorni o in un tempo indefinito.
Quindi il riferimento del testo a questi nove anni ha probabilmente un significato simbolico, come si può vedere in altre fonti:
- A Lemno, c’è ogni anno una festa per la purificazione del fuoco. Tutti i fuochi dell’isola sono spenti per Nove giorni.
- Minosse, a Creta, visse a Knossos per (cicli di?) nove anni, dove ricevette istruzioni sulla legislazione da Zeus.
- Ogni nove anni il re Egeo inviava come sacrifici per il Minotauro sette ragazzi e ragazze.
- Ci vogliono nove giorni e nove notti perché un’incudine cada dal cielo sulla terra e altri nove per cadere dalla terra al Tartaro.
- Nove sono le Muse, che rappresentano le arti e le scienze, e la somma della conoscenza umana.
- Nove giorni di travaglio sono serviti a Leto per dare alla luce Apollo.
- Secondo Manetone, Efesto (Ptah) governò l’Egitto prima di Ra per novemila anni.
Un altro punto da considerare è il significato della parola Oceano, pensando che sia l’equivalente del Mare. L’Oceano è un confine, un luogo liminale, che separa ciò che è a disposizione della nostra esperienza dall’“Altro”. Divide il nostro mondo dall’Ade, è il luogo dove si trova il Giardino delle Esperidi. Quindi bisogna leggere questo brano così: Efesto soggiornò per nove anni in questo luogo liminale, al confine del mondo, tra la Vita e la Morte, nel luogo dove il Sole tramonta e il giorno fa spazio alla notte.
Sembra una parte di un’iniziazione. Prima il candidato incontra una morte simbolica (la caduta dall’Olimpo). Quindi riceve l’insegnamento in un luogo remoto (il bordo dell’Oceano) da due mentori (Eurinome e Tetide sono divinità marine primordiali e demiurgiche). Questo gli permetterà di completare la sua iniziazione e riconquistare il suo posto nell’Olimpo.
Lo Scudo di Achille
Alla fine del testo che ho citato Efesto costruisce una nuova armatura per il figlio di Tetide. Il passaggio che ho saltato, più di 100 versi, si concentra sull’incisione dello scudo. Ciò che viene descritto somiglia a un mondo vivente. Cielo, terra, mare e città, persone che si muovono e lavorano, tutte circondate dalla corrente dell’Oceano.
Un mondo intero, quasi vivo, così stupefacente che R. Sworder, nel suo saggio “Homer’s Smith God”, ha proposto che questo brano e il precedente “spille, e bracciali a spirale, e rosette e collane” rappresentino il vestigio di un mito della creazione che mostra il Demiurgo nell’atto di creazione e manutenzione dell’ universo.
In effetti la scena incisa sullo scudo ha anche dei paralleli con lo scenario della Guerra di Troia, a partire dalla menzione di due città, una che vive in pace e l’altra in guerra. È una meraviglia solo visualizzare la scena. Qualcosa che sfida la legge della fisica e ci porta in un regno lontano dall’umile bottega di un artigiano.
L’Armatura di Achille: Il potere dei Daidala
L’armatura di Achille è il più alto capolavoro in fatto di armamentario. Quando la indossa, le sembianze del nostro eroe con il suo completo addosso sono simili ad un’epifania divina. Ali sembrano spuntare dai suoi fianchi. I suoi piedi levitano da terra e un alone di fuoco e luce lo circonda.
E questo è coerente con quelli che potrebbero essere i poteri di un dio artigiano. Ma c’è un altro tema sottinteso. Sebbene qui solo accennato, in altri episodi è più chiaro; comunque è ampiamente spiegato nel libro di Sarah P. Morris “Daidalos and the Origin of Greek Art”. Una parola compare spesso nell’Iliade e nella letteratura greca: “Daidala”. (e in altre forme, come Daidalos, Daidaleia, Daidaleion, tutte varianti) Molti capolavori descritti nei testi hanno questo aggettivo, che denota due cose:
- Bellezza e caratteristiche straordinarie.
- Una “fatale importanza”.
Concentriamoci sul secondo punto:
“Come vorrei poter, con certezza, tenerlo lontano dalla morte dolorosa, quando il terribile destino verrà su di lui…”
Sebbene apparentemente normale che un’armatura protegga dalla morte, qui è implicata un’altra funzione: nascondersi dal destino. Nei testi arcaici, tutti i Daidala circondano eventi che finiscono in tragedia. Hanno un potere narrativo che appare in molti racconti. Il Labirinto, la Cassa di Kypselos, lo Scettro di Agamennone, sono tutti daidala.
Questa proprietà magica di piegare o attirare il destino si manifesta in molti episodi. Forse il più chiaro è nel mito del matrimonio di Cadmo e Armonia. Per vendicarsi del tradimento di Afrodite, Efesto crea una collana “bella e maledetta”, che offrirà come dono di nozze causando tragedie alla loro famiglia. (Si noti che questo tema della bellezza-maledizione attraversa millenni). Questo dono scatenerà una serie di eventi, che porteranno la famiglia di Cadmo ad essere afflitta da un miasma perpetuo. Anche la nascita di Dioniso da parte di Semele è il risultato del riverbero di questa maledizione.
Questo potere di “maledire” inteso come attrarre il destino è un potere comune nella tradizione magica. Tuttavia, mostra una parte di Efesto spesso dimenticata. Marie Delcourt nel suo “Hephaistos ou la légende du magicien” sostiene l’idea che Efesto sia un dio mago, solo più tardi assimilato alla maestria artigiana. Un segnale di ciò è nel ciclo di Baal di Ugarit, dove Kothar-wa-Hasis, il probabile proto-Efesto, fa delle mazze al dio Baal, per aiutarlo a sconfiggere il serpente Yahm. Nella scena, Kothar compie un atto peculiare: “da un nome” alle mazze in modo che possano svolgere il dovere vincolato al loro nome, in modo che il destino lo faccia accadere: “Così Kothar foggia due armi e proclama/pronuncia il loro nome: <<Il vostro nome, il vostro, è Yagarish, Scacciatrici. Yagarish, scaccia Yahm, scaccia Yahm dal suo trono…>>”
(le prime armi non sono abbastanza forti, quindi Kothar ci riprova)
“Kothar foggia due armi e proclama/pronuncia il loro nome: <<Il vostro nome, il vostro, è Ayamari, Allontanatrice. Ayamari, allontana Yahm! Allontana Yahm dal suo trono..>>”
Questa parte del nominare come atto di dare realtà a un decreto può assomigliare all’atto compiuto da Adamo. E questo non deve sorprendere, dal momento che la religione ebraica e la Bibbia sono ricche di riferimenti agli artigiani e alla creazione. Ne parlerò in un altro articolo. Tanto per accendere qualche riflessione, basti pensare che YHWH “ha lavorato” per creare l’universo. Un lavoro così faticoso che necessitava di riposo. Dio fece Adamo dall’argilla, come Efesto fece con Pandora. Temi principali delle Bibbia sono legati alla costruzione. (L’arca di Noè, la torre di Babele, il Tabernacolo, il vitello d’oro, il tempio di Salomone) Infine, Gesù “colui che battezza col fuoco” è figlio di un artigiano.
Infine, la Bibliografia
Come ho detto, metterò qui un po’ di bibliografia, libri e articoli che trovo essenziali per approfondire ed esplorare la figura di Efesto.
- C. De Ciantis – The Return of Hephaistos: Reconstructing the Fragmented Mythos of the Makers
- M. Delcourt – Hephaistos ou la legende du magicien
- W. Burkert – La religione greca di epoca arcaica e classica
- C. Pavel – Hephaistos and knowledge from below: Crooked feet on Mount Olympus
- J. Bremmer – Hephaistos sweats or how to construct an ambivalent god
- M. Barbanera – The lame god: Ambiguities of Hephaistos in the greek mythical realm
Spero abbiate gradito la lettura. Simone. Come il metallo, così il corpo.